UNA QUARANTENA INFINITA

08.07.2020

La mia quarantena è iniziata nientemeno che i primissimi giorni di ottobre, e sta continuando tutt'ora. Per questo stento a comprendere le difficoltà di chi, causa COVID, è stato costretto in casa per qualche manciata di settimane. Dal giorno in cui sono stato sollevato dall'incarico a Lecco a oggi sono passati mesi, nei quali ho potuto prendermi il tempo per approfondire e verificare idee, aggiornarmi nel vero senso della parola, recuperare mentalmente rispetto allo stress accumulato negli ultimi tre anni, con i due campionati vinti in sequenza tra Gozzano e Lecco. Tempo prezioso, che mi sono gustato, ma pur sempre vissuto come una sorta di quarantena, visto che sono stato abituato, per fortuna, a lavorare sul campo, a vivere la settimana come la preparazione ad una gara e non come semplice attesa dell'arrivo del lunedì successivo. 

Sinceramente, nei primi due o tre mesi la sosta ha fatto bene. Mi sono concesso una vacanza a Parigi, in solitaria, per fare una prima analisi di come erano andate le cose, per capire e capirmi. Città molto affascinante, giornate di grandi camminate e lunghi silenzi che consiglio a chiunque abbia bisogno o voglia di staccare un po' la spina. Ero veramente stanco di dover vivere situazioni pesanti, convivere con persone che vedevo così lontane da me, dalla mia concezione di vita e soprattutto dai principi e dai valori che hanno sempre contraddistinto il mio percorso. Mi serviva aria. E me la sono presa. Ho ri-arredato la mia casa, che non avevo praticamente mai vissuto, girovagando per l'Italia ad allenare, ininterrottamente dai primissimi anni duemila. Ho fatto l'imbianchino, il falegname, il giardiniere, l'architetto. 

Poi, dopo Natale, l'assenza del campo, degli allenamenti, delle partite ha iniziato a farsi sentire, tanto che il lock down per il COVID l'ho vissuto come una sorta di giustizia divina (concedetemi l'ironia), che permettesse anche agli altri di fermarsi e di provare cosa significasse smettere di vivere la propria abituale vita. Giorni chiuso in casa (come tutti), a scrivere e leggere soprattutto, dopo i mesi di gennaio e febbraio trascorsi tra l'osservazione di colleghi direttamente all'opera (Juric, Boscaglia), l'approfondimento di rapporti magari trascurati involontariamente negli ultimi anni con amici e addetti ai lavori e la visione di molte gare a video (soprattutto calcio internazionale). 

Un ringraziamento e un pensiero va all'amico Gianluca Vighini di Telenuovo, che con gli inviti alle sue trasmissioni mi ha fatto sentire meno isolato in quei giorni nei quali l'eco delle sirene che si sentiva nell'aria dilatava il tempo e portava lentamente a perdere la misura del mondo. 

Se ho letto libri sul calcio? No. Ho letto Màrquez, Dostoevskij, Vitali... Come diceva Julio Velasco "Non leggete solo manuali, leggete romanzi, perché i manuali parlano di "calciatori", "atleti", "giocatori", mentre i romanzi portano storie personali di protagonisti, i romanzi fanno nomi e cognomi...".  E aveva ragione. Se si vuole migliorare nella gestione dei singoli, non bisogna soltanto avere conoscenze tecniche, bisogna conoscere storie, fare esperienze, saper ascoltare. 

In molti mi chiedono cosa farò ora. Non lo so ancora... ma questi ultimi anni sono serviti a farmi cambiare l'ordine delle priorità quando si cerca squadra, quando si pensa alla propria carriera. Volevo vincere, ed ho vinto, anche molto. Ho aggiunto dei trofei al mio palmares, avendo modo anche di fare esperienze umane forti, spesso contrastanti, di conoscere molti tipi di persone e personaggi, di fare errori e raccogliere i frutti del mio lavoro. 

Ora ho voglia di un progetto vero, non come spesso si sente dire in giro, di questa parola abusata e per me nemmeno conosciuta a fondo. Ho voglia di rapportarmi con persone che percepisca vicine, di essere giudicato per come lavoro e per quello che sono e non solo per un risultato, di potermi confrontare con qualcuno, parlare serenamente, senza dovermi guardare le spalle di continuo. Vorrei vivere una stagione dove il rapporto con i calciatori che alleno parta da un livello di schiettezza, sincerità e profondità che non sia quello usuale di questo mondo. Vorrei definire un progetto calcistico chiaro e lavorarci sopra con convinzione, senza dovermi correggere ogni ventiquattro ore rispetto ad obiettivi che cambiano, promesse che vengono rimangiate, confusione e incompetenza. 

Esagero? Non devo cercare nel mondo del calcio, dite? 

Non lo so... vi saprò dire a breve.