ESONERARE ZEMAN E' SEMPRE SBAGLIATO

04.03.2018

Mi si passi la provocazione. Certo, il Pescara, il presidente Sebastiani, saranno delusi. In serie B con l'equilibrio che regna è facile esserlo. Quasi il 90 per cento delle squadre che non occupano i primi due posti in classifica sentono il diritto di esserlo. Ma Zeman è Zeman, non puoi esonerarlo. Se lo hai scelto, anzi, riscelto, te lo devi tenere, come una fede, un marchio a fuoco. Se lo cacci significa che non sai chi sei e dove vuoi andare. E di sicuro non sai cosa cercavi e volevi. Zeman a Pescara non era non conosciuto, di più. Era colui che aveva permesso la realizzazione di un sogno, forgiando e guidando una squadra di ragazzini terribili capace di conquistare la A. Certo, non tutti i ragazzini possono essere terribili. Non tutti gli anni i miracoli sono ripetibili. 

Va bene, non riusciva più nemmeno a proporre il suo calcio. Il Pescara stava diventando drammaticamente pragmatico. Una raffica incredibile e per molti suoi ammiratori inspiegabile di zero a zero o vittorie di misura. Insostenibile. Però bastava un'inquadratura alla panchina e il tuo perdere tempo davanti alla TV e a uno spettacolo che non decollava trovava un senso. Forse non lo seguivano a dovere, perchè avrei preferito una serie infinita di sconfitte per 4 a 3. Invece si vedeva una squadra che giocava con la paura e questa non è mai stata una cosa zemaniana. 

Molti si chiederanno perchè ci sono allenatori che si ostinano a difenderlo e a prenderne le parti ogni volta che è criticato o discusso. Provo a spiegarvelo: Zeman non è un allenatore.  Non solo. Zeman è un modo di porsi nei confronti di un sistema che sta spesso troppo stretto. Un modo di ribaltare priorità e certezze in un mondo a volte dichiaratamente finto e fatto di idee mutabili con il cambiare del vento. Zeman è la critica vivente all'idea di risultato come unico vero fine di una competizione calcistica. Chi ama Zeman ama l'idea che la gente voglia andare allo stadio per divertirsi e non solo per vincere, magari con un tiro in porta al novantesimo in fuorigioco. 

Ecco perchè esonerarlo è sbagliato. Sempre e comunque. E' una questione di principio. Se lo prendi all'inizio è perchè condividi il suo modo non solo di fare calcio ma di pensare calcio. Sposi la sua battaglia personale verso un appiattimento che sta svuotando gli stadi e costringendo i commentatori Sky a inventarsi partite fantasma, misteriosamente belle, che vedono solo loro. 

Chissà se sarà questa la sua ultima panchina. Ha sempre sognato di trovarsi a novant'anni su un campo a insegnare calcio a qualche giovane che avesse ancora voglia di starlo a sentire. 

Non li hai ancora novant'anni, maestro. Tieni duro. Il mondo del calcio non lo sa, ma ha ancora drammaticamente bisogno di te. 

Marco Gaburro