LA RABBIA COME STATO D'ANIMO DOMINANTE

12.03.2018

Prima della gara contro l'Olginatese ho ricordato ai miei, anche grazie all'amico Francesco Barana che me lo ha ricordato a proposito di Fusco e Pecchia, che il calcio secondo Valdano è prima di tutto uno stato d'animo. E ho invitato i calciatori a decidere che stato d'animo volevano portarsi a casa dopo il triplice fischio finale. A fari spenti l'unico stato d'animo che ci rimane è quello della rabbia. Verso molte cose: il fango, le prodezze del portiere avversario, l'arbitraggio, un guardalinee arrogante e distratto, una vittoria che sarebbe stata strameritata e che non è arrivata, una classifica che poteva cambiare distanze e invece rimane contratta. Rabbia. 

Il giorno dopo, di solito, è quello dell'analisi lucida. Eppure quel senso di rabbia permane. 

Gli eventi non si cambiano, indietro non si torna, una squadra può solo lavorare sul presente e cercare di migliorare il futuro. Quella rabbia la dobbiamo tenere dentro, portarcela in campo mercoledì nei quarti di finale di Coppa Italia e domenica a Bra, ma intanto possiamo chiederci cosa potevamo fare noi per cambiare questo sentimento. Di sicuro io potevo evitare di uscire dall'area tecnica e farmi espellere in occasione del contestato episodio del loro pareggio, perchè dalla panchina si riesce ad essere molto più vicini alla squadra, mentalmente e concretamente. Di sicuro una rimessa laterale non concessa non si tramuta in gol solo per colpa del guardalinee. Di sicuro nel finale di gara potevamo cercare qualche uno contro uno in area in più. 

Ecco, sono queste le cose sulle quali dobbiamo concentrarci. Non sugli altri. 

L'arbitro, il guardalinee, il Como, la Caronnese... sono gli altri. 

Stiamo inseguendo un sogno, rappresentiamo un piccolo paese del Piemonte, abbiamo un pubblico appassionato, ma non paragonabile a quello di una grande città per numeri e capacità di incidere sulle terne arbitrali. Ci aspettano altre giornate di difficoltà, dove sembrerà che qualcosa o qualcuno voglia mettersi di traverso e impedirci di raggiungerlo. 

A noi la scelta: correre dietro ai fantasmi o concentrarci su di noi, su quello che ancora possiamo migliorare e sulle nostre possibilità. 

Quattro partite fa abbiamo pareggiato a Inveruno e il Como ha perso a Seregno. Eravamo neri e consapevoli di aver perso un'occasione. Ma allora giocammo una gara rinunciataria e sotto ritmo. Ieri ho visto undici leoni in campo, cresciuti anche sotto l'aspetto caratteriale. E' quello che serve. Dopo di che, quattro partite dopo, ne mancano otto al termine e siamo ancora davanti, e chi insegue si lecca le ferite di battaglie continue giocate su terreni anche al limite, che in questo periodo dell'anno toccano a tutti. 

Testa, cuore e sudore. Questi sono gli ingredienti che ci servono da qui alla fine. Pronti fin da subito a scolpirci in testa questa rabbia e andando a caccia di stati d'animo più gratificanti.  

Marco Gaburro